A due mesi dal preliminare
quasi non mi appartiene più
l’amata a prima vista, la vagheggiata,
la prescelta, l’unica casa
che davvero ho voluto nella vita.
La libreria di noce, i pavimenti
di faggio, e un grande ginko
così vicino che potrò toccarlo
dal poggiolo (le foglie del ginko,
quando traslocherò, il prossimo autunno,
saranno di un giallo irreale).
E’ come non dovessi più abitarci
nel remoto futuro, dopo il rogito,
ma l’avessi perduta e non riuscissi
a ricordarne che l’essenziale,
similmente alle case in cui fui ospite,
o in cui immaginavo di abitare.
Ricordo solo gli alberi, i pavimenti
di faggio, e che è una casa
di una città fluviale.