Sono sdrucite e sempre più spaiate
tutte le mie lenzuola, tranne queste:
il mio giardino d’inverno.
Calde, felpate, soffici.
Il disegno a fiorami verdi e gialli,
frutici rimasti senza nome.
Che cascata di fiori quando insieme
le scartammo dalla confezione!
Le spargemmo sul letto chiedendoci
se fossero glicini anemoni
o ricino o mimose o rose gialle,
prima di rimboccarle.
“Ma che gusti pacchiani”, sentenziò
un’altra, tre mesi dopo.
Tanto bastò perché chiudessi gli occhi
ai suoi baci, in quel prato o sottobosco,
e restassi supino.
Temevo di sporcarle.
Fiorì il mio giardino d’inverno
in un paese che non ha giardini.
Ed ancora fiorisce, sebbene
più che di fiori olezzi di calzini.